Come già commentato in questo blog, il campionato di calcio di serie A è stato sottoposto nelle ultime settimane al forte stress derivante dall’aumento dei contagi tra i tesserati delle società: si sono accavallati provvedimenti interdittivi delle ASL, rinunce alla disputa delle partite, protocolli degli organismi sportivi, pronunce del Giudice sportivo.
Il clima di totale incertezza intorno al regolare svolgimento del campionato ha indotto la Lega calcio ad approvare frettolosamente un apposito protocollo e, soprattutto, ha stimolato il dibattito a livello ministeriale, ossia al di fuori del solo perimetro istituzionale sportivo. Proprio il Ministero della Salute, basandosi su un parere espresso dal Comitato Tecnico Scientifico, ha emanato il 18 gennaio una circolare (avente come oggetto “indicazioni per garantire il corretto svolgimento delle competizioni sportive”. Premesso che questa circolare trova quindi applicazione nelle competizioni sportive professionistiche e nei massimi campionati dilettantistici di tutti gli sport, pare interessante analizzare – visto anche l’interesse mediatico emerso attorno alla questione – come essa si raccordi al recente protocollo approvato dalla Lega calcio, volto anche quello a garantire il regolare svolgimento del campionato di serie A. Occorre subito precisare che questi atti, come non potrebbe essere altrimenti, si rivolgono ad interlocutori diversi: la circolare ministeriale è principalmente indirizzata a tutte le amministrazioni centrali e territoriali; il protocollo della Lega, invece, non può che riguardare solo e soltanto le società di calcio di serie A.
Il nuovo protocollo della Lega, approvato il 6 gennaio scorso (CU n. 126 del 6 gennaio 2022), coerentemente con le regole fatte proprie dall’UEFA (cfr. Allegato I al regolamento della Champions League 2021/22), stabilisce l’obbligo di scendere in campo per le squadre con 13 calciatori (di cui almeno un portiere), iscritti nelle rose di Prima squadra o Primavera e nati entro il 31 dicembre 2003, risultati negativi ai test COVID il giorno precedente la gara. Come già osservato in questo blog, il protocollo tenta di porre almeno parziale rimedio alla lacunosità del quadro regolamentare generale: lo Statuto-Regolamento della Lega calcio, infatti, non disciplina specifiche ipotesi di rinvio delle gare, ma si limita a stabilire che “è […] in facoltà del Presidente disporre, sia d’ufficio sia a seguito di richiesta di una o di entrambe le Società Associate interessate, la variazione di data, dell’ora di inizio e del campo delle singole gare” (art. 29). Tuttavia, al di là di alcune questioni interpretative che potrebbero venire in rilievo (ad es. sulla effettiva “disponibilità” dei calciatori negativi, o sul termine ultimo entro cui eseguire i tamponi), il protocollo non sembrava in grado di risolvere definitivamente il problema, poiché il blocco di un intero gruppo squadra da parte delle ASL, facendo scendere il numero di calciatori “disponibili” sotto la soglia numerica prevista, avrebbe di fatto riproposto gli stessi problemi, ossia la mancata disputa delle gare di campionato. Come appare chiaro, né la Lega calcio né qualsiasi altro organo sportivo federale avrebbe mai potuto “disciplinare” gli interventi delle ASL, sempre in grado di disporre la quarantena per tutti i tesserati e, di conseguenza, il divieto di partecipare a competizioni sportive.
Proprio per questi motivi è intervenuta la circolare ministeriale di cui sopra. Con essa, innanzitutto, si offrono alle competenti autorità sanitarie importanti chiarimenti sulla interpretazione in ambito sportivo delle norme generali relative a isolamento e quarantena, aggiornate da ultimo con il d.l. 30 dicembre 2021, n. 229. È infatti precisato che, in caso di un positivo all’interno del “gruppo squadra”, gli altri soggetti appartenenti allo stesso gruppo sono da considerarsi “contatti ad alto rischio”: pertanto, questi devono sottoporsi a test antigenico ogni giorno per almeno 5 giorni e sono obbligati ad indossare la mascherina FFP2 “in tutti i contesti in cui non viene effettuata attività sportiva”. Tale ultima precisazione appare particolarmente apprezzabile, poiché sul punto elimina alcuni dubbi interpretativi. La lettera del d.l 229/2021 impone, infatti, ai “contatti stretti” che si trovino in un determinato stato vaccinale (dose booster, guarigione ottenuta o vaccinazione completata da meno di 120 giorni), senza alcuna eccezione, l’obbligo di indossare la mascherina: alla luce della circolare appena emanata, invece, in ambito sportivo tale disposizione deve essere interpretata nel senso che comunque non comporta l’impossibilità di partecipare ad una gara sportiva senza – ovviamente – indossare la mascherina per il tempo necessario. In ogni caso, la circolare prescrive, come condizione per la partecipazione all’evento sportivo, che venga effettuato un test antigenico con esito negativo almeno 4 ore prima della gara.
Il protocollo appena descritto – come specifica la stessa circolare – “si applica indipendentemente dallo stato vaccinale”. A ben vedere, è proprio questa la novità più rilevante. A differenza di quanto stabilito nel d.l. sopra citato, in ambito sportivo la condizione di contatto stretto (in questa circolare definito “contatto ad alto rischio”) non comporta conseguenze diverse a seconda dello stato vaccinale, laddove invece in via generale da questa condizione dipendono regimi differenti denominati di “auto-sorveglianza” o di “quarantena”. Per intenderci: il cittadino non vaccinato che abbia avuto contatto stretto con un positivo sarà sottoposto a quarantena, mentre lo sportivo nella stessa condizione, sempre che continui a risultare negativo ai test successivi, potrà continuare ad allenarsi e disputare gare sportive. Non sembra peregrino chiedersi se, al di fuori del contesto sportivo, il soggetto debba considerarsi o meno in quarantena: sul punto, pare doversi propendere per una risposta affermativa, quantomeno per scongiurare disuguaglianze tra sportivi e non sportivi che avrebbero del clamoroso. In ogni caso, una diversità di trattamento sussiste: ma può dirsi giustificata in ossequio al generale principio giuridico di ragionevolezza? In tutta onestà, essa sembra avere come principale (e unico?) scopo quello di garantire il regolare svolgimento delle competizioni sportive: obiettivo che, per quanto apprezzabile, fatica a rendere giustificabile un aumento del rischio per la salute degli atleti, i quali – in virtù delle misure stabilite nella circolare – potrebbero vedersi maggiormente esposti al contagio. Probabilmente il Ministero pensa di “pareggiare i conti” imponendo agli sportivi l’obbligo, non prescritto in via generale, di sottoporsi a test diagnostici per 5 giorni consecutivi, in modo da assicurare il monitoraggio e il controllo del contagio all’interno della “ristretta” cerchia del gruppo squadra. Neanche tale ragionamento, però, convince pienamente, poiché consente di fatto a un numero non trascurabile di soggetti (tutti gli atleti professionisti o appartenenti all’“alto dilettantismo”), vaccinati o meno, di continuare a svolgere attività sportiva nonostante un contatto stretto con soggetto positivo, con tutto quel che ne consegue in termini di rischi per i compagni di squadra, gli avversari e, a cascata, familiari e contatti degli stessi.
Inoltre, la circolare ministeriale interviene anche per chiarire alle competenti autorità sanitarie le condizioni per il blocco dell’intero “gruppo squadra”: questo dovrà conseguire al raggiungimento di un numero di positivi pari al 35% dei componenti del “gruppo atleti”. Tale intervento appare più che mai opportuno, perché riguarda il vero fulcro della questione e, per la prima volta, stabilisce una soglia quantitativa di positivi per l’emanazione del provvedimento interdittivo. È demandata agli organismi sportivi competenti la definizione del “gruppo atleti”, evidentemente distinta dal “gruppo squadra”, che invece può ricomprendere anche membri dello staff tecnico e dirigenziale. La FIGC, per restare al calcio, ha prontamente chiarito questo aspetto con apposito comunicato (C.U. n. 142/A del 19 gennaio 2022) in cui, con riguardo alla serie A, fa coincidere il “gruppo atleti” con la lista di massimo 25 giocatori che la società è obbligata a presentare alla Lega prima del campionato (poi aggiornabile, a determinate condizioni, durante lo svolgimento della competizione). Pertanto, in virtù della circolare ministeriale, il gruppo squadra di una società calcistica di serie A potrebbe essere bloccato dall’ASL in caso di 9 positivi (36% del gruppo atleti) e 16 negativi. Stando al protocollo della Lega calcio, invece, la società sarebbe obbligata a disputare la partita anche nel caso in cui contasse 12 positivi (e quindi 13 negativi). Residua, in sostanza, una “zona grigia”, all’interno della quale una squadra con 9-12 casi positivi potrebbe essere contemporaneamente “bloccata” dall’autorità sanitaria e obbligata a giocare ai sensi del protocollo Lega: si tornerebbe così al punto di partenza, ossia alla probabile rinuncia alla disputa della gara per invocata causa di forza maggiore (provvedimento amministrativo interdittivo) e alla susseguente decisione del Giudice sportivo, chiamato a decidere in prima istanza – secondo parametri che vanno aggiornandosi di giorno in giorno (vedi la recente decisione su Udinese-Salernitana, commentata in questo blog) – tra la sconfitta a tavolino e il recupero della gara. Se già così i conti non tornano del tutto, il quadro è ulteriormente complicato dalla possibilità, concessa dalle norme federali alle società di serie A (CU FIGC n. 83/A del 20 novembre 2014, come modificato dal C.U. FIGC n. 76 del 21 giugno 2018), di utilizzare “fuori lista” un numero illimitato di calciatori “under 22”, da aggiungersi quindi ai 25 indicati nella lista. In pratica, a quanto sembra, questi calciatori non entrerebbero nel computo del 35% del gruppo atleti di competenza dell’autorità sanitaria, mentre dovrebbero essere considerati ai fini della soglia prevista dal protocollo della Lega calcio.
Quanto appena osservato mette in luce i profili problematici che continuano a sussistere nonostante l’ultimo intervento ministeriale. È sufficiente soffermarsi sull’analisi del sistema calcio per accorgersi di come il raccordo con quanto stabilito dagli organismi sportivi non appaia ancora facile. Tuttavia, la circolare sembra muovere un passo deciso – pur criticabile in qualche passaggio – verso la ricerca di un compromesso tra istituzioni politiche e sportive, probabilmente unica soluzione per conferire all’ordinamento sportivo il corretto grado di autonomia, che non può mai essere inteso in senso assoluto, riconosciuto espressamente dall’ordinamento generale.
Circolare del Ministero della Salute, Indicazioni per garantire il corretto svolgimento delle competizioni sportive, 18 gennaio 2022:
Protocollo Lega calcio, C.U. n. 126 del 6 gennaio 2022, Regole relative a impatto COVID-19. Gestione casi di positività e rinvio gare:
Comunicato FIGC sul “gruppo atleti”, C.U. n. 142/A del 19 gennaio 2022:
https://www.figc.it/media/155660/definizione-gruppo-atleti.pdf.
*Alberto Orlando (nella foto sotto), nato a Casarano il 27.03.1993, è ricercatore (RTDa) di Diritto pubblico comparato presso l’Università del Salento. Si occupa di diritto comparato dello sport, intelligenza artificiale e sostenibilità delle società sportive. Ha conseguito presso la stessa Università la Laurea con lode in Giurisprudenza e il Dottorato di ricerca.
Nessun commento:
Posta un commento