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giovedì 6 gennaio 2022

IL “MIRACOLO DI NATALE” NEL CASO DELL’U.S. SALERNITANA. Intervento del Dott. Francesco Albione

In questi giorni si è definitivamente risolta la questione legata alla cessione della società calcistica U. S. Salernitana 1919, con un vero “miracolo di Natale”.

Le quote della società calcistica, che sembrava oramai  essere condannata all’esclusione (o, per utilizzare le esatte parole contenute nel dato normativo che verrà analizzato più avanti, “(al)la decadenza della affiliazione della società”) dalla Serie A e alla ripartenza dalla massima categoria di calcio dilettantistico (la serie D), sono state cedute dai trustee (incaricati delle operazioni di vendita del club) a Danilo Iervolino, imprenditore napoletano e fondatore dell’Università telematica Unipegaso.

L’ufficialità della vendita arriverà nel corso della giornata di oggi, una volta portate a termine tutte le verifiche bancarie necessarie. Da quanto si apprende, l’offerta dell’imprenditore campano è pervenuta al “fotofinish”, nelle ultime quarantotto ore utili prima della scadenza, prevista per lo scorso 31 dicembre: se non fosse giunta alcuna offerta idonea entro tale data, la Salernitana sarebbe stata esclusa dal campionato di Serie A.

Tutto sembrerebbe far pensare al più scontato e classico dei lieto fine. Tuttavia, in questa sede non si vuole raccontare una storia finita bene tra mille peripezie e difficoltà, ma si cercherà di evidenziare i risvolti giuridici che hanno caratterizzato la vicenda dell’U.S. Salernitana, analizzandone tutte le (evitabili) criticità, che avrebbero potuto produrre gravi conseguenze per il regolare svolgimento del massimo campionato nazionale.

Ancora una volta, purtroppo, si è assistito a un esempio di come nel nostro Paese si “decida di non decidere”, procrastinando decisioni che dovrebbero essere prese, al contrario, in maniera immediata: la situazione (quasi irreversibile) alla quale si era giunti, infatti, poteva essere facilmente prevista e, magari, risolta, già dal momento in cui la Salernitana aveva ottenuto la promozione dal campionato di calcio di Serie B, a quello di Serie A.

Proviamo, dunque, a ricostruire (approfondendo, come detto, l’aspetto giuridico - normativo che caratterizza detta situazione) quali sono stati i passaggi che avevano (quasi) spento le speranze e il grandissimo entusiasmo dei tifosi della Salernitana, i quali sono stati al fianco della propria squadra fino ad una sorprendente (e insperata) promozione nella massima serie nella scorsa stagione sportiva.

La ragione principale che stava conducendo la Salernitana all’esclusione dalla massimo campionato di calcio nazionale è individuabile nel divieto, in capo ad uno stesso soggetto, di essere titolare delle proprietà (o di esercitare una influenza dominante, anche indiretta, sulle stesse) di due (o più) società calcistiche, militanti nello stesso campionato (c. d. problema della multiproprietà): detto divieto è contenuto espressamente nel primo comma  dell’art. 16-bis delle “Norme organizzative interne della Figc” (da ora semplicemente “Noif”), secondo cui “non sono ammesse partecipazioni o gestioni che determinino in capo al medesimo soggetto controlli diretti o indiretti in società appartenenti alla sfera professionistica o al campionato organizzato dal Comitato Interregionale in ragione del problema legato al discorso della multiproprietà”. In altre parole, un medesimo individuo (o una medesima società) non può essere riconducibile, direttamente o indirettamente, alla proprietà di due società calcistiche, professionistiche o dilettantistiche che siano, militanti nella medesima categoria.

Inoltre, la seconda parte del suddetto articolo continua, definendo puntualmente cosa si intenda per “posizione di controllo” di una società o associazione sportiva da parte di un soggetto, specificando che si ha allorquando “allo stesso, ai suoi parenti o affini entro il quarto grado sono riconducibili, anche indirettamente, la maggioranza dei voti di organi decisionali ovvero un’influenza dominante in ragione di partecipazioni particolarmente qualificate o di particolari vincoli contrattuali.

Dalla semplice lettura di questo articolo, dunque, si evince con rassegnata immediatezza che il divieto in parola è stato assolutamente disatteso da parte dei “protagonisti” del “caso Salernitana”: la sventurata squadra calcistica campana, infatti, era (fino all’inizio della stagione sportiva 2021/2022) di proprietà di due società. La prima società apparteneva ad Enrico Lotito, figlio di Claudio Lotito, presidente della S. S. Lazio, e la seconda a Massimo Mezzaroma, storico socio in affari del patron della Lazio. Due società, la Salernitana e la Lazio, dunque, riconducibili (indirettamente), allo stesso individuo: Claudio Lotito.

In ragione di questa grave incompatibilità, la proprietà dell’U.S. Salernitana è stata temporaneamente affidata a due trustee, ovvero a due società cui è stata conferita, dall’inizio del campionato di Serie A 2021/2022, la gestione provvisoria della squadra calcistica e che sono state incaricate, soprattutto, della ricerca di acquirenti validi e idonei a rilevale la proprietà della Salernitana, sulla base di criteri stabiliti nell’accordo di Trust, denominato “Trust Salernitana 2021”. 

Sulla base delle condizioni di riservatezza previste da detto atto di trust, stipulato tra la vecchia proprietà della Salernitana (Enrico Lotito, Massimo Mezzaroma e anche Claudio Lotito, il quale era, come detto, indirettamente coinvolto nella gestione della società) e la Federazione italiana giuoco calcio, i trustee non hanno reso noto ad alcuno, oltre che alla Figc, i nomi dei possibili acquirenti della società:  fino al 31 dicembre, l’unico dato noto risultava essere che, tra tutte le offerte presentate per l’acquisto della U. S. Salernitana, alcuna si riteneva poter essere accettabile, in base a quanto stabilito nell’atto “Trust Salernitana 2021”, poiché carente dei requisiti e/o delle condizioni imposte dall’atto stesso (es: forma dell’offerta; congruità del prezzo; documentazione idonea a verificare l’indipendenza dell’offerente; presenza delle garanzie di solvibilità dell’offerente etc.); ovvero perché il soggetto offerente non aveva dimostrato la sussistenza dei requisiti economici, patrimoniali e finanziari congrui per perfezionare l’operazione.

Nonostante le numerose proroghe dei termini (puntualmente disattesi) concesse dalla Figc al fine di permettere ai trustee di individuare un acquirente valido, sembrava essere oramai arrivati alla deadline: sulla base dell’accordo, infatti, è bene ripeterlo, il 31 dicembre, in assenza di acquirenti, sarebbe stata sancita l’esclusione dell’U. S. Salernitana 1919, che sarebbe ripartita, nella prossima stagione sportiva, dal calcio dilettantistico. “Auguriamo alla Salernitana di trovare un acquirente […] altrimenti c’è l’atto notarile che parla chiaro”: queste le parole (“dure”) di Gabriele Gravina, presidente della Figc, che di “augurio” avevano, purtroppo, solo il dato letterale.

Ci saremmo trovati di fronte a un vero e proprio incubo sportivo, che avrebbe coinvolto una società con più di cento anni di tradizione, e che, molto probabilmente, sarebbe stato evitato in modo più agevole, se i soggetti direttamente coinvolti si fossero adoperati tempestivamente: la cessione di una società calcistica, si sa, non è un’operazione che può essere conclusa nel giro di qualche settimana.

Tuttavia, nonostante la situazione fosse disperata e nonostante il “pugno duro” che la Figc stava mostrando sembrasse condurre inesorabilmente l’U.S. Salernitana verso il capolinea, il “miracolo di Natale” è avvenuto.

Ma quali sarebbero state le conseguenze in caso contrario? Quali soggetti avrebbero tratto il danno maggiore e quali, invece, avrebbero conseguito un vantaggio? E ancora ci si chiede: anche se entro il termine fissato alcun acquirente fosse stato ritenuto idoneo, sarebbe stato “giusto” escludere il club campano dal campionato di Serie A? 

Se è pur vero, infatti, che le norme organizzative interne sono state totalmente disattese da chi avrebbe dovuto farsi carico della situazione in modo puntuale, una nuova (e a questo punto ipotetica) sopravvenienza di deroghe, che avrebbe permesso alla Salernitana di portare a termine il campionato, sarebbe stata idonea a tutelare un interesse (forse, chi può stabilirlo in modo assoluto) predominante: il regolare svolgimento del campionato, il quale sarebbe risultato in parte falsato, specie per quelle squadre che si trovano a “lottare” per non retrocedere in serie B.

Solo quattro squadre (in particolare, Cagliari, Venezia, Genoa e Verona),  infatti, avrebbero beneficiato dell’esclusione della Salernitana dal campionato di Serie A, non avendo vinto contro quest’ultima: il riferimento normativo che chiarisce quali sarebbero state le conseguenze, è individuabile nell’art. 53 delle Noif, il quale prevede, nel caso in cui una squadra decada dalla affiliazione al campionato (rischio che, nella circostanza in parola, pareva oramai certezza), che, a prescindere dalla data della radiazione, ogni risultato sarebbe annullato e, dunque, non avrebbe “valore per la classifica, che viene formata senza tenere conto dei risultati delle gare della società rinunciata o esclusa”.

Dunque, la Figc si sarebbe trovata innanzi a un bivio: quale strada avrebbe deciso di imboccare? Quella del rispetto del dato normativo (scelta assolutamente condivisibile, ma con conseguenze gravi ed evidenti), oppure quella che, disattendendo quest’ultimo, avrebbe favorito la tutela del regolare svolgimento del massimo campionato di calcio nazionale? Fortunatamente, non sapremo mai la risposta a questa domanda: il miracolo è avvenuto.  

(sotto nella foto l'autore dell'intervento)

 


 

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